venerdì 18 maggio 2012

Intervista con i Modena City Ramblers

I “Modena City Ramblers” nascono nel 1991 da un gruppo di ragazzi appassionati di musica irlandese. Nel giorno della ricorrenza di San Patrizio dello stesso anno viene deciso il nome della band.
Gli attuali componenti sono: Davide “Dudu” Morandi voce, basso e chitarra; Massimo “Ice” Ghiacci basso elettrico e acustico; Franco D'Aniello flauto, tromba e sassofono; Francesco “Fry” Moneti chitarra e violino; Roberto “Robby” Zeno batteria e percussioni; Leonardo “Leo” Sgavetti
fisarmonica, pianoforte e organo; Luciano Gaetani banjo, bouzouki; Luca Serio Bertolini chitarra acustica.
Il repertorio dei “Modena” è molto variegato e comprende sia brani irlandesi che pezzi popolari italiani, il gruppo può inoltre vantare l'incisione di circa 12 dischi. Il loro genere musicale si può definire “combat folk”, ma sono influenzati anche dal “rock” e dal “punk”.
Abbiamo avuto l'onore di ricevere da alcuni membri dei “Modena City Ramblers” le risposte alle nostre domande per il nostro giornalino:

1) Pensate che le vostre canzoni siano d'aiuto e ispirazione per i giovani?

Una canzone non porterà mai a nessuna rivoluzione, da sola, né a livello sociale, né a quello individuale. Ma può, appunto, ispirare, aiutare a maturare certi comportamenti e veicolare valori e orizzonti. Può diventare quindi un’ottima colonna sonora per la propria rivoluzione. Nel nostro piccolo, con le nostre canzoni, guardiamo a questo. E ci fa piacere pensare che qualche giovane “cresca” anche con la nostra musica.

2) Avete cominciato a comporre sui banchi di scuola?

No. Sui banchi di scuola, magari, si viaggiava con la testa, inseguendo anche qualche melodia, ci si immaginava su un palco, ma il massimo del sogno era riuscire a “centrare” tutti gli accordi di una canzone dei Clash o di Dylan!

Cicerone a Parigi, parte II

Finalmente, dopo varie peripezie e un fiume di compiti in classe, è arrivato il giorno della partenza per Parigi. Tutto sembrava perfetto: si prospettavano 3 giorni di sole, l’hotel non era niente male, nonostante qualche giudizio negativo sul sito, ed eravamo tutti al settimo cielo. Il primo giorno il sole splendeva e Parigi sembrava più bella che mai. Abbiamo percorso i viali principali, arrivando all’Île de la Cité, dove ci aspettava la meravigliosa Notre Dame, che si ergeva maestosa rispecchiandosi nella Senna (anche se, in effetti, me l’aspettavo molto più grande). Una mezz'ora per pranzare e poi via di nuovo sul pullman, verso la tour Effeil, illuminata da quel sole invernale. La giornata, scivolata via velocemente, si è conclusa con una passeggiata fino a Montmartre; certo, non proprio una passeggiatina, ma c’era una tale tranquillità e bellezza, nel panorama di Parigi, che sembrava di essere fuori dal mondo e dal trambusto del vicino quartiere di Pigalle.
Insomma, nonostante già non sentissimo più i piedi, la giornata era trascorsa meravigliosamente e già facevamo progetti per i giorni seguenti. Non ci saremmo mai aspettati nulla di ciò che accadde il secondo giorno.
Dopo la visita mattutina del Louvre siamo tornati in hotel, dove ci aspettava una bella denuncia da parte di ignoti.
Perché? La prima notte c’erano stati alcuni ospiti che si erano lamentati dei rumori e avevano deciso di andarsene. Dunque l’hotel, dopo aver segnalato tre delle nostre stanze per “schiamazzi notturni” (due delle quali erano vuote) si è preso il permesso di prelevare dalla caparra ben 400 euro, per essere risarcito dei danni da noi creati. Inutile la reazione delle professoresse, basite e sconvolte da questa denuncia, le quali hanno cercato più volte di far ragionare il personale dell’hotel, che invece ha deciso di sporgere denuncia e di contattare la nostra preside attraverso l’agenzia. Non ci è rimasto altro da fare che accettare la situazione e non domandare altro, nonostante fosse ovvio che ci avevano derubato sotto il nostro naso. I giorni rimanenti sono scivolati via, fra corse per riuscire a prendere l’ultima metro, francesi arroganti che si rifiutavano di darci qualsiasi informazione, passeggiate lungo gli Champs Élysées, un sogno che si avvera, e visite al museo d’Orsay e Versailles.
Nonostante fossimo partiti prevenuti, conoscendo l’astio dei francesi nei nostri confronti, mai avremmo pensato a una cosa simile; essere trattati in questo modo dall’hotel in cui si alloggia è il colmo! È stato comunque un bel campo scuola, siamo tornati stanchi, un po’ amareggiati, ma meravigliati da una delle città più belle del mondo.

Francesca Risi, II C

Agenzie di rating: cosa sono?

Dal temuto default rischiato a Novembre alla riforma “salva-Italia” non si è attenuata la difficoltà del nostro Paese nel risanare il debito e, quel che è peggio, assicurare ai cittadini stabilità economica. 
A peggiorare la situazione hanno contribuito anche le cosiddette agenzie di rating, nate intorno ai primi anni del Novecento negli Stati Uniti. Sebbene molte tra le autorità mondiali abbiano denunciato lo strapotere di queste aziende e abbiano messo in guardia dall’affidarsi ciecamente e costantemente ai loro giudizi, si pensi al presidente della BCE, Mario Draghi, secondo il quale sarebbe meglio “imparare a vivere senza le agenzie di rating”, il ruolo che esse hanno rivestito negli investimenti internazionali degli ultimi mesi è stato determinante. 
Ma cosa sono queste agenzie? I mass media si sono largamente occupati della questione dei declassamenti (e forse il polverone alzato da giornali ed emittenti televisive ha dato loro un’importanza spropositata), ma non considerando il pubblico a cui si rivolgevano non si sono preoccupati di spiegare di cosa si occupano.
Esse valutano quanto un’impresa, una banca, un governo, uno stato ecc. siano in grado di ripagare
i propri debiti e le forze che queste possono mettere in campo per ridurli. Per questo i loro giudizi
influiscono molto sul “rischio di credito”, ovvero l’interesse che i debitori devono pagare ai propri creditori, indirizzando o meno il favore del mercato verso l’impresa, governo, stato ecc. (ovviamente se il rating è alto l’interesse da pagare si riduce). Vi sono due tipologie di giudizio, a lungo termine e a breve termine. Il primo consiste nel calcolo della probabilità che un evento avrebbe sulla capacità di uno stato, società, governo ecc. di risanare il proprio debito e si esprime attraverso tre giudizi: “positivo”, ”negativo”, ”stabile”. Il rating a breve termine invece è un un’indagine svolta in un lasso di tempo di 60-90 giorni, sulla capacità di risanare il debito entro i 12 mesi, che comporta un declassamento o una promozione in base ai giudizi “positive”, “negative”, “developing”.

giovedì 17 maggio 2012

Nel laboratorio di Villa Sciarra

Cronaca semiseria del progetto "Scienziati in erba"

Eccoci qui, appena tornati da Firenze ancora un po’ stanchi e accaldati tra autobus, borsoni, Alberti, Galileo e belle conferenze universitarie… Se ancora non avete capito di cosa stiamo parlando, beh, adesso ve lo pieghiamo! La profesoressa Duranti ci ha proposto il concorso “ScienzAfirenze” che si tiene annualmente alla fine di Marzo nel polo scientifico dell’università di Firenze indetto dall’associazione Diesse Firenze, la quale quest’anno proponeva agli studenti di portare dei modelli costruiti da loro, con l’aiuto dei loro insegnanti, per dimostrare fenomeni fisici, chimici o biologici. Appena abbiamo saputo di questa opportunità abbiamo deciso di aderire portando non uno, ma due progetti, sempre perché a noi piace distinguerci per lo stile!
Aiutati dalla professoressa Duranti e con la partecipazione straordinaria del tecnico del laboratorio Claudio Aprile, della professoressa Flavia Gravina (docente di biologia marina all’Università la Sapienza, molti di voi la ricorderanno per un coinvolgente intervento in un’assemblea d’istituto) e del professor Stefano de Felici ci siamo messi a lavoro verso Novembre sviluppando i nostri due progetti: nel primo ci siamo proposti di confrontare la composizione della fauna di piccoli artropodi del suolo del nostro caro parco di Villa Sciarra in zone meno calpestate (sotto un cespuglio) e in zone più calpestate (il sentiero su cui spesso corriamo) per scoprire se ci fossero differenze in termini di fauna tra queste due; l’altro esperimento, invece, si proponeva di verificare il tempo di biodegradazione e quanto materiale effettivamente si degradava e come, prendendo in esame diversi materiali (buccia di banana, mater-bi, carta e plastica) nelle zone più e meno calpestate.

Il potere dei sogni

Nella quotidianetà sembra scontato svegliarsi la mattina, vestirsi, sentire gente che parla e parlare noi
stessi dicendo ciò che pensiamo, ciò che ci piace, ciò che sognamo. 
Già… I nostri sogni, ma ci crediamo davvero o pensiamo che siano solo una chimera irragiungibile? A volte non ci pensiamo affatto, forse, nella vita che va avanti veloce, eppure quante persone sono in grado di mettere in gioco la loro esistenza e le loro certezze per raggiungere un obiettivo fantastico e lontano? Un po’ di tempo fa mi è capitato di leggere un libro di uno dei miei scrittori preferiti, Luis Sepulveda, un cileno nato nel 1949 che fin da giovane aveva combattuto per un sogno di libertà e pace nel suo paese, una di quelle nazioni latino-americane nate da appena 100 anni con tanti dubbi e contraddizioni, povertà e squilibri sociali. Sepulveda aveva creduto nell’esperimento democratico del presidente Allende, eletto (e sottolinerei questa bella parola) nel 1970, un nuovo Cile che doveva eliminare le disugualianze sociali, garantire parità di diritti, superare le differenze raziali; ma il sogno ebbe vita breve, appena tre anni bastarono al colonnello Pinochet per caricare bene il suo fucile e puntarlo contro il presidente eletto. 
Seguì la dittatura militare, la fine del sogno e l’inizio della tragedia dei desaparecidos e dei nemici politici, tra cui un posto di riguardo era stato  riservato anche al nostro Luis, che fu costretto all’esilio in Europa, dove tuttora risiede, benché la dittatura sia finita e il despota morto. Come si sentirà un uomo che ha vissuto e lottato anni per un sogno di libertà dopo che è bastata una frazione di secondo per mandarlo all’aria e costringerlo addirittura ad abbandonare il proprio paese e tutte le certezze che aveva avuto fino a quel momento? Luis ne uscì ancora più convinto del Potere dei Sogni. 
Strano, eh? Eppure proprio questo è il titolo di uno dei suoi libri pubblicati durante il periodo dell’esilio, durante quelli che avrebbero dovuto essere anni bui di silenzio e meditazione. È davvero
incredibile leggere questo libro, che è una raccolta di alcuni interventi e discorsi che il poeta tenne in vari paesi e momenti, perché traspare una forza e un desiderio di cambiare il mondo in meglio correlata dalla certezza forte, tangibile che ciò è possibile, che rende i suoi interventi non come altisonanti slogan da proclamare davanti ad un pubblico di falliti che cerca un riscatto in belle parole in cui non crede davvero, ma a persone vive che hanno un infinito dentro pronto a esplodere, eppure in una lacerante e problematica inerzia. 
È come se, nonostante la sconfitta, Luis non si sentisse affatto ridimensionato, ma forse il “Potere dei Sogni” è proprio questo, cioè rendere la vita di coloro che li inseguono sensata a prescindere, come se vittoria o sconfitta fossero solo dettagli di un’esistenza che ha un senso, perché insegue qualcosa e lo crede davvero.

“Solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo a essere migliori e, se noi saremo migliori, sarà
migliore il mondo.”

Simone Caliò II D

Gli anni dell'aggressione

Forse non tutti sanno che poco prima della manifestazione del 9 marzo della FIOM (Federazione Italiana Operai Metalmeccanici) a Roma, davanti al liceo scientifico A. Righi alcuni studenti che facevano volantinaggio prima di unirsi al corteo sono stati aggrediti da militanti di “Controtempo”, un gruppo di estrema destra. Gli studenti sono stati pestati con pugni e caschi: tre di loro sono
finiti in ospedale e il più grave ha un trauma cranico. Il metodo, purtroppo, ricorda quello delle
squadraccie fasciste o degli scontri degli anni ’70 tra gli studenti. Il giorno dopo molti professori
del Righi hanno tenuto delle lezioni sui valori di tolleranza e democrazia; gli studenti hanno
appeso uno striscione che recita: ”Fuori i fascisti dalle scuole”; dai colleghi del Tasso è arrivato un
comunicato di solidarietà mentre la polizia piantonava l’ingresso del liceo. I rappresentanti del
Righi hanno indetto un’assemblea straordinaria per martedì alla quale hanno invitato il segretario
della FIOM Maurizio Landini. Il vicepresidente del consiglio dell’ XIX municipio ha dato la colpa
alla scarsa sorveglianza della polizia, mentre le opposizioni accusano il sindaco di aver perso il
controllo della situazione.
“Controtempo” ha negato l’aggressione e il presidente della provincia Zingaretti ha espresso solidarietà agli studenti in ospedale. Gli unici a non aver reagito sono stati il sindaco Alemanno e la stampa, compresi i TG nazionali e regionali; solo i giornali locali hanno riportato la vicenda. Ancora si aspettano comunicati dal Campidoglio che non ha condannato questo episodio di violenza. Sembra che, in fondo, il sindaco non sia in grado di garantire quella sicurezza, tanto invocata in campagna elettorale, viste le aggressioni e i troppi omicidi che hanno scosso la città. Il primo cittadino sembra invece più allarmato dalle manifestazioni visto che continua a dirsi preoccupato a riguardo.

Luca Busetta

The Help

Mississippi, America anni sessanta.
Una casalinga giovane e volenterosa tocca con mano l’ipocrisia del suo tempo e, rompendo canoni e convenzioni, dà voce e cuore alla protesta. Un film corale, dove perbenismo e ipocrisia dei bianchi si misurano con la volontà di riscatto di altri.
Sono gli anni di M. Luther King e Kennedy, del sogno infranto di una America diversa che, prendendo coscienza dei suoi difetti, si proponeva al mondo come modello di rivoluzione sociale e culturale.
Stessi anni, diversa rappresentazione: l’atmosfera arida e fredda che avvolge la contea di Jessup in
Mississipi Burning mette angoscia. Stesso il tema, altra la sensibilità cinematografica, altri gli interpreti della realtà locale: nel film di Alan Parker l’agente Anderson - interpretato da Gene Hackman - scardinerà l’omertà di quella cittadina opponendo brutalità a violenza, infrangendo la legalità pur di sconfiggere complicità e diffidenze e consegnare alla giustizia i responsabili della morte di tre giovani attivisti.
Lo scopo è prendere a cazzotti l’America benpensante mostrandole una realtà che, anche se sconfitta dalla modernità del pensiero, non si separerà facilmente dalle sue profonde radici.
Cosa lega questi ad altri film, quel tempo al nostro tempo? L’emozione che genera ancora il gesto di Rosa Parks, la donna che, caparbiamente, decise quel giorno di non cedere il suo posto sull’autobus al bianco di turno, è ancora viva e si riflette oggi nei volti dei senza diritti, delle tante persone che cedono o si ribellano di fronte ad un mondo che elargisce ed esclude secondo un copione non scritto.
Comune, a volte, è la rassegnazione; comune è la difesa cieca ed ottusa del proprio particolare che
non intende ragionare né condividere; comune è la rete, meglio dire la ragnatela, di piccole violazioni
quotidiane che imbarbariscono il nostro tempo, rendendoci sordi e distratti. Violazioni che ci dobbiamo incaricare di cancellare.

Greta Mariani, II E