domenica 28 ottobre 2012

Cooper! Perché?

Quanti di noi, a inizio anno, si sono ritrovati a inveire contro il signor K.H. Cooper e a chiedersi: perché a me? 
Abbiamo pensato che non c’è modo migliore di rispondere ad alcune domande se non rivolgendole direttamente a quel signore che ci fa tanto odiare le ore di educazione fisica.
Kenneth H. Cooper nasce a Oklahoma negli Stati Uniti d’America nel 1931.
Durante la sua carriera militare, nel 1968, idea il test di Cooper come un modo rapido di valutare la condizione fisica di un elevato numero di persone. 

G.V.: Salve signor Cooper, siamo due studentesse del Liceo Classico Marco Tullio Cicerone e vorremmo farle qualche domanda, in quanto il nostro programma di educazione fisica prevede il suo test. Inizi pure dicendo in cosa consiste.

C.: Salve anche a voi. Premetto dicendo che nel lontano 1968 ho pensato a questo test come solo una prova per i militari, e non avrei mai pensato che sarebbe toccato anche a voi studenti. Nella sua forma originale, il test prevede che si corra per 12 minuti cercando di coprire la massima distanza possibile, preferibilmente in piano. Per svolgere il mio test c’è bisogno di un assistente con il compito di annotare i vari giri di pista e la distanza percorsa in metri durante la prova.

G.V.: A cosa serve fare questo test, e quali obiettivi dobbiamo raggiungere?

C.: I risultati del test danno una stima generica delle condizioni fisiche di una persona. Il risultato si basa sulla distanza percorsa dal soggetto, indicandone la resistenza. In generale, questo test è molto facile da svolgere e abbastanza economico, specialmente se fatto in grandi gruppi.

G.V.: Riguardo al fatto che sia economico, non abbiamo dubbi, ma… facile?

lunedì 22 ottobre 2012

Manzoni - Museo della liberazione, uscita lato destro.

Ripercorrendo la memoria di via Tasso e della Resistenza.

Manzoni, museo della Liberazione, uscita lato… destro. È un metallico speaker della metropolitana che passa quasi inosservato al nostro cervello che lo bypassa senza nemmeno starci a pensare, reso come un sistema isolato da un paio di cuffiette ermetiche o da una consueta fretta. Vale la pena di scostare l’auricolare, almeno uno solo. Il museo della Liberazione è situato in via Tasso, quella che oggi è una delle tante vie di Roma, nemmeno tanto chic, nemmeno tanto piena di turisti e pizzerie. È un via un po’ sui generis silenziosa, tranquilla, poco trafficata; si ha quasi la sensazione di passare in un cono d’ombra e silenzio stretto tra due fila di piccole palazzine tipicamente romane, vagamente pallide, vecchie, derelitte seppur curate per renderle abitabili anche nel XXI secolo.
Il cono d’ombra è il velo nero della storia e il silenzio è il rispetto non tanto per chi è morto, quanto per chi ha combattuto e sofferto ingiustamente. Ai tempi del nazi-fascismo via Tasso era una sorta di entrata all’Inferno, con tanto di Caronti biondi fieri delle loro croci uncinate che trascinavano anime riluttanti nelle fauci dell’Averno per scontare la tortura che più si confaceva ai loro orrendi crimini. Crimine, entità facile da percepire quanto arbitraria in tempo di guerra.
Via Tasso, la via che all’epoca non era nemmeno pronunciata per quanto orribile fosse il suo spettro, era un carcere, un palazzo di tortura, un fortino tedesco senza regole, senza pietà che aveva il solo scopo di tenere a freno la turbolenta popolazione della città che era stata abbandonata da tutti, dal re, da Mussolini imprigionato, dai membri del governo ed era “aperta”, cioè in uno stato di resa incondizionata che avrebbe dovuto garantirle se non altro la pietà che si ha per i corpi agonizzanti, ma che in realtà si è trasformato nell’anarchica condizione ideale per la vendetta di Hitler e per gli sfoghi dei suoi soldati, furiosi con i traditori italiani, duri, superiori.

domenica 21 ottobre 2012

Attendere prego. Elezioni in corso!

Il nuovo anno scolastico è iniziato  e la prima decisione importante da affrontare, ovviamente dopo la scelta del diario, riguarda l’elezione dei rappresentanti d’istituto. Quante volte ci si è ritrovati a preferire un candidato ad un altro solo per la musicalità del cognome? Per porre rimedio a questa scomoda e controproducente situazione, abbiamo pensato di mettere a disposizione di voi (e)lettori/trici un accuratissimo inventario su tutto ciò che non vi hanno detto e che dovreste sapere su chi vi rappresenterà per il resto dell’anno scolastico. I candidati, volenti o nolenti, sono stati costretti a soddisfare ogni nostra più bizzarra richiesta.

LISTA I: STUDENTI AL PRIMO POSTO


ANDREA CRISTIANO


Alla domanda:
La foto è molto convincente, 
possiamo chiamarti Zio Crasto?”
Andrea molto disponibile, risponde subito con 
un “No.” Ma noi, ignorando completamente 
la risposta, proseguiamo:
Allora zio, raccontaci il motivo per cui ti sei candidato.” 
La scelta deriva dall’anno scorso, ho già 
fatto questo tipo di esperienza e l'ho 
trovata importante e soprattutto formativa, dato 
che nell'anno passato con gli altri ragazzi siamo
 riusciti ad ottenere buoni risultati, l’intento 
è di ripeterli”.
“Credi che sarà difficile vincere le 
elezioni nonostante la foto che, 
ripetiamo, è molto convincente?”
“Sicuramente la foto avrà il suo grande merito.
 Quest’anno abbiamo due liste, rispetto all’anno scorso 
in cui ne avevamo una sola, quindi ovviamente le cose saranno molto diverse. Io e gli altri candidati della 
mia lista speriamo di conquistare due seggi su tre e comunque anche chi non è stato eletto 
continuerà a contribuire e partecipare all’organizzazione.”
“Se non tu, chi speri venga eletto come rappresentante d’istituto?”
“Nessuno! No, a parte gli scherzi vedo molto bene Gaia, Ludovico e Alessandro.”
 “Facci sentire il tuo slogan.”
“Vota giusto. Vota adesso. Vota Crasto.”
Ora cantaci una canzone!”
“Canto Orion dei Metallica: …”
“Hai un talento nascosto?”
“A sei anni ho completato pokèmon blu in spagnolo.”
“Facci un saluto!”
Ciao. Ciao. Ciao.”