venerdì 10 febbraio 2012

Finalmente!

La redazione!

Anche quest’anno il nostro Liceo Marco Tullio Cicerone ha riunito vari studenti per dare vita alla nuovissima edizione del suo giornalino personale . Il titolo scelto per questa nuova edizione è “Ἔργα καὶ Ἡμέραι”, questo è il titolo di uno dei poemi didascalici più importanti di Esiodo, “Opere e giorni”. La funzione di questo poema era quella di voler esprimere a chiunque lo leggesse il vero significato del patrimonio generale delle conoscenze umane. Pertanto il nostro giornalino sarà un punto di riferimento per qualunque studente; attraverso di esso ognuno potrà utilizzarlo per esprimere un suo concetto o il suo personale punto di vista, sia scolastico che generale.

Francesca Vicaretti

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martedì 7 febbraio 2012

Lettera Aperta: cos'è l'assemblea d'istituto?

Ricordiamo ancora la prima volta che partecipammo ad un’assemblea di istituto.
Eravamo - come ormai si dice nel gergo – alcuni dei tanti quartini , non lo neghiamo, forse fomentati come non mai e sicuramente emozionati oltre ogni limite al vedere per la prima volta così tanta gente, così tanti alunni, così tanti ragazzi alcuni dei quali sarebbero diventati nostri compagni o amici, tutti riuniti in una palestra che al tempo ci sembrava enorme e perfetta, e che oggi, a distanza di quattro anni, non possiamo fare a meno di vedere fatiscente e malridotta, con l’audio che rimbalza qua e là dal solito vecchio amplificatore, da una parete all’altra mentre qualcuno prende il solito vecchio microfono e grida le solite vecchie parole alle solite vecchie persone.
Eppure quattro anni fa era tutto diverso. C’era un non so che di magico, nell’aria, qualcosa che rendeva l’atmosfera degna di essere vissuta: forse erano gli sguardi carichi di timore reverenziale che noi più piccoli indirizzavamo ai più grandi,oppure le risatine imbarazzate e le occhiate furtive delle ragazze sempre dirette a questi mitici terzi, queste figure leggendarie che svettavano per i capelli rasta e per i modi di fare che oggi come ieri diremmo shalli, e forse per qualcuno dannatamente attraenti; o magari erano le parole, i discorsi che riuscivamo ad infiammarmi con un nonnulla e a trascinare la mia voce nei boati di approvazione.
Poi c’erano le persone: ah, le persone! Ricordiamo anche questo, che dalla nostra posizione eravamo sempre costretti ad alzare e spingere lo sguardo sopra la marea di teste per cercare di vedere qualcosa, per non parlare del fatto che riuscire a sentire una frase dal senso compiuto in mezzo al brusio della folla era niente di meno che un’esperienza eroica.
L’assemblea. Questo era per noi, un evento straordinario, il momento dove era possibile vedere davvero l’anima della scuola fatta da tutti i suoi quattrocento, cinquecento, seicento ragazzi.
Non pretendiamo, ovviamente, che quello che stiamo scrivendo in questo momento – e che voi state leggendo – debba essere preso come oro colato, come una verità incontrovertibile. Sarebbe stupido,nonché ipocrita, fingere di non avere mai avuto la tentazione di rimanere a casa a dormire, o di andare a farsi un giro a Via Sannio con gli amici. Ed era una tentazione forte, altroché! Eppure, in qualche modo, sentivamo che mancare all’assemblea era qualcosa di fuori dall’ordinario.

Cicerone a Parigi

Parigi: la città dell’amore, della rivoluzione, delle baguette. Quanti di noi non sognano di passeggiare fra i suoi boulevard, di ammirare incantati la tour Effeil, i suoi musei, o di sfogliare i libri delle bancarelle lungo la Senna? Un campo scuola, o come si preferisce chiamarlo viaggio d’istruzione, in questa splendida città si è trasformato in un’Odissea. Insomma, sappiamo che nella nostra scuola non tutto funziona alla perfezione, ma ci si aspetta che almeno in questo campo ci sia una certa professionalità. Non immaginiamo neanche cosa c’è dietro l’organizzazione di un viaggio:agenzie, gare d’appalto, la segreteria… Anzi, nessuno di noi lo sapeva fin quando non siamo stati coinvolti. Che dire, inizialmente quest’idea ci ha interessato e incuriosito e ognuno di noi è subito partito alla ricerca della migliore offerta in questa o in quell’agenzia, quasi fosse una gara a chi trovava il prezzo più basso da presentare a questa fantomatica gara d’appalto. Ma cos’è questa misteriosa gara d’appalto?

15 Ottobre, io c’ero!

14 Dicembre 2010 vicino Monte Citorio,15 ottobre 2011 piazza San Giovanni (Roma). Questi sono i luoghi e le date che ci ricordano più di ogni altro le proteste contro i tagli alla suola pubblica effettuati dal governo precedente, le occupazioni e i cortei avevano coinvolto tutte le città italiane, protestavamo per gli 8 miliardi tolti alla scuola, le strutture fatiscenti e la precarietà. Io ero presente ad entrambe le manifestazioni che ho citato e me ne ricordo come se fosse ieri: il 14 dicembre ero partito con dei compagni di scuola ma presto sono rimasto solo a causa della confusione creata dagli scontri con la polizia. Il corteo è passato davanti ai licei occupati e al ministero delle finanze prima di dirigersi verso  la camera per influenzare l’ennesimo voto di fiducia ma questo ha provocato la reazione degli agenti in assetto antisommossa. Avendo perso di vista i compagni della mia scuola sono tornato a casa per non farmi coinvolgere negli scontri. La manifestazione si  rivelò un fiasco il governo ottenne la fiducia e gli scontri diedero un’opportunità all’allora  ministro  dell’istruzione Gelmini per condannare la protesta. Tutt’altra cosa era il corteo di piazza San Giovanni e di ben altra rilevanza poiché non erano, come il 14 dicembre, solo gli studenti a scendere in piazza ma anche  precari, insegnanti , ricercatori e soprattutto cittadini erano venuti a Roma da ogni parte d’Italia. Il 15 ottobre  era la giornata internazionale del movimento we are 99%,da noi meglio conosciuti come indignati, nato in Spagna con gli “indiñados”.Quel giorno scendevano in piazza 90 capitali e 900 città in tutto il mondo e proprio a Roma era atteso il numero maggiore di persone(500.000 ca.).

L'ignoranza è forza

Bamboccioni, sifgati, perdigiorno…l’altra faccia dell’Italia.
"L’ignoranza è forza"
In un mondo ormai sempre più cosmopolita ecco che fine fa la cultura.

Nel suo celeberrimo “1984” George Orwell scriveva a manifesto del fantomatico Partito Socialista Inglese “La guerra è pace, la libertà è schiavitù e l’ignoranza è forza”. Tanti anni dopo, e soprattutto in una realtà che non è finizione letteraria ,questa lapidaria sentenza torna a farsi sentire, forte e amara come solo una predizione sa essere. 8 miliardi di euro sono quelli che la scuola pubblica italiana ha visto volatilizzarsi sotto i suoi occhi, sono i tagli che hanno dato origine a infinite proteste, purtroppo vane. A nulla sono serviti insegnanti, studenti e personale in piazza per dire No,per difendere il proprio futuro; per riconferire la dignità di un tempo a una parola, cultura, troppo spesso generalizzata e sminuita. A nulla serve ora girare per le scuole italiane costrette in edifici fatiscenti, con ore di buco scoperte e materiali quasi totalmente assenti. A nulla serve ora osservare inermi lo spettacolo del proprio paese e del suo futuro che giorno dopo giorno perdono le speranze. Sorge spontaneo a questo punto l’amaro ma obbligatorio paragone con gli altri paesi dell’Europa per scoprire che l’Italia investe solo lo 0.67% del PIL nell’educazione superiore, ben lungi dallo 0,92% della media Ue;per non parlare del 1,14% investito da Dublino. Ovviamente i dati lasciano sgomenti, sembra infatti che il nostro paese abbia scelto definitivamente di abbandonare la formazione scolastica del suo futuro; infatti questi fondi sempre più esigui inducono la nostra scuola pubblica a dover rispondere in maniera drastica alla mancanza economica. Ma chi, in fin dei conti, ne fa veramente le spese?

Seconda stella a destra, questo è...il futuro.

C’è una strana atmosfera in giro per il mondo, un rivolo di aria viziata che accomuna piazza Tahrir, gli Indignados, la crisi economica, il problema iraniano, le proteste dei lavoratori, piazza Syntagma , MEGAVIDEO e molto, molto altro ancora. Sono davvero anni carichi questi primi 12 del 2000 e gli ultimi mesi lo sono stati anche di più, tanto che i numerosi canali di news 24 ore su 24 di certo non hanno sofferto per la mancanza di scoops. Leggendo i giornali e vivendo un po’ questa realtà non si può che rimanere perplessi, volendo usare un eufemismo, e scoraggiarsi, soprattutto se si è giovani, soprattutto se si è sui banchi di scuola, soprattutto se si è in un liceo a studiare e in quelle mura si coltivano i sogni per il futuro. Sembra quasi strano oggi pronunciarla la parola “futuro”, perché sembra proprio che il futuro sia poco importante, oscurato da un presente ingombrante, scomodo, che permette di spostare lo sguardo soltanto al “domani” e non più in là, non all’orizzonte, non al “futuro”. È triste dire questo, ma purtroppo è vero, oggi si sta sacrificando il futuro e si fanno solo manovre politiche ed economiche conil fine di salvare il presente e allora vengono tagliati i fondi alle scuole, alle università e ai ricercatori (la ricordiamo tutti molto bene la cara Gelmini), la cultura diventa qualcosa di secondario e trascurabile (Pompei e Colosseo docent), e il problema ambientale da sempre boicottato e minimizzato diventa fondamentale solo quando si tratta di raccimolare qualche pugno di voti alla vigilia delle elezioni . Beh d’altronde credo che non si possa biasimare questo comportamento, che adesso come adesso è necessario per garantire la sopravvivenza dell’Europa e dello stile di vita a cui siamo abituati, ma ogni tanto mi fermo a pensare a tutto questo e mi chiedo: ma allora qual è il nostro scopo se il futuro non ha importanza?

Some special days: la nostra cogestione

Da qualche anno il liceo Marco Tullio Cicerone di Frascati aderisce con entusiasmo all'iniziativa della cogestione. Ma che cos'è la cogestione?
Si tratta di alcune giornate di corsi alternativi, proposti dagli studenti stessi e grazie ai quali essi hanno la possibilità di dare spazio ai loro interessi, in sostituzione della didattica tradizionale. Anche per quest'anno i rappresentanti d'Istituto, con l'appoggio del dirigente scolastico, si sono attivati per realizzare il progetto in questione: nel caso questo vada seriamente a buon fine, ne è previsto lo svolgimento nel mese di giugno, nel corso dell'ultima settimana di attività didattica, nella sede centrale dell'istituto. Le attività che caratterizzano la cogestione avranno luogo per tre o quattro giorni, in orario scolastico, con una durata di circa quattro ore quotidiane. Esse si terranno negli interni della scuola (aule,laboratori e palestra) e negli spazi esterni ad essa, quali il parco di Villa Sciarra ed il cortile dell'istituto stesso. Fino ad oggi sono stati proposti circa sedici corsi, ma ce se ne aspettano ancora molti altri; inoltre la didattica alternativa è ovviamente gratuita e potrà essere svolta con l'ausilio di docenti interni alla scuola, di persone esterne ad essa o degli studenti stessi.

Commercio equo e solidale

Appena squillò la tromba
tutto era pronto sulla terra,
e Geova divise il mondo
tra Coca-Cola Inc., Anaconda,
Ford Motors, e altre società:
la Compagnia United Fruit
si riservò la parte più succosa,
la costa centrale della mia terra,
la dolce cintura d’America.
Ribattezzò le sue terre
“ Repubbliche Banane”,
e sopra gli inquieti eroi
che conquistarono la grandezza,
la libertà, e le bandiere,
instaurò l’opera buffa:
cedette antichi benefici,
regalò corone imperiali,
sguainò l’invidia, e chiamò
la dittatura delle mosche,
mosche Trujillo, mosche Tavho,
mosche Carias, mosche Tartinez,
mosche Ubico, mosche umide
d’umile sangue e marmellata,
mosche ubriache che ronzano
sopra le tombe popolari,
mosche da circo, sagge mosche
esperte in tirannia.
Tra le mosche sanguinarie
sbarcò la Compagnia
stipando di caffè e frutta
le sue navi che poi scomparvero
come vassoi con il tesoro
delle nostre terre sommerse.
Frattanto, entro gli abissi
pieni di zucchero dei porti,
c
adevano indios sepolti
dal vapore del mattino:
rotolò un corpo, una cosa
senza nome, un nome caduto,
un grappolo di frutta morta
finita nel letamaio.
(La United Fruit Company, Pablo Neruda)

Nei paesi sottosviluppati del Terzo mondo operano oggi le grandi multinazionali, società che hanno la loro sede madre in patria e molte filiali all’estero e che sfruttano le risorse minerarie dei paesi del Sud del mondo, detenendo il monopolio della produzione e del commercio di molti prodotti, quali banane, caffè e cacao. Esse comprano grandi appezzamenti di terreno, destinandoli a monoculture, coltivandoli intensivamente ed affidandosi alla manodopera locale poco costosa e sfruttata. I contadini che lavorano per le grandi società infatti non hanno alcun diritto sindacale e lavorano consecutivamente anche per 10-12 ore al giorno in condizioni disumane. Insomma, le grandi società si impadroniscono dei mercati traendone grandi guadagni, mentre le popolazioni del Terzo Mondo di impoveriscono sempre di più, non traendo profitti pur lavorando le proprie terre. In poche parole: i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
Spesso le multinazionali si inseriscono nei conflitti politici, sostenendo ad esempio governi autoritari o dittatoriali, acquistando la benevolenza del potere pur di accrescere i loro guadagni. Le multinazionali quindi come cause che impediscono lo sviluppo democratico ed economico dei paesi meno ricchi.

Musica dei giovani di oggi: dai Beatles a Justin Bieber

I tempi rivoluzionari degli anni '60 e '70 sono finiti, all'adolescente moderno non interessano le canzoni innovative dei mitici Beatles né quelle socialmente impegnate del grande Dylan, per citare solo due dei nomi che hanno reso grande la Musica con la “M” maiuscola. Dagli anni '80 in poi, si è passato sempre più gradualmente ad una tipologia di canzone parzialmente commerciale, due dei nomi che possiamo citare sono senza dubbio “Re e Regina del Pop”: Michael Jackson e Madonna, precursori di tutti quegli “artisti” che hanno fatto fortuna nei due decenni successivi. Senza dubbio, un ruolo fondamentale nel radicale cambiamento operato all'interno dell'industria musicale è stato giocato dai mass media: non a caso, molti attori di grande e piccolo schermo intraprendono la carriera del canto e viceversa; per non parlare della quantità di riviste sul mondo dello spettacolo che si vendono ogni anno nel mondo. Gli accordi, la voce vibrante del cantante, la profondità dei testi … ormai nel mondo della musica conta tutto tranne ciò che è più importante.
La musica è diventata cinema, il cinema è diventato musica, i due mondi, prima ben separati, si sono attualmente quasi uniti. Non sarebbe poi così male, se non fosse che questo stratagemma è utilizzato quasi esclusivamente per raddoppiare il successo personale.

Classiciste in palestra

Si apre l’edizione 2011/2012 del Torneo Interscolastico di Pallavolo, che vede fronteggiarsi sui campi le atlete degli Istituti Superiori dei Castelli Romani. Le 4 squadre partecipanti si scontreranno per riuscire ad aggiudicarsi, al termine dei gironi eliminatori, l’accesso alla fase successiva, a livello provinciale.
Anche il Liceo Cicerone per il terzo anno consecutivo ha offerto alle proprie studentesse l’opportunità di giocarsi la vittoria e ribadisce ancora una volta l’alto livello delle sue atlete, mantenendosi al secondo posto dietro al Liceo Scientifico Bruno Touschek. Perso il primo match contro le ragazze dello Scientifico di Grottaferrata, le nostre ragazze si sono rifatte immediatamente contro il Liceo Classico Ugo Foscolo di Albano, imponendosi per 3-0.
Ripetuta la vittoria contro il Liceo Scientifico Sandro Pertini di Velletri, con un parziale di 2 set a 1, alle nostre giocatrici non rimane che sperare nel ripescaggio, aperto ai migliori team secondi in classifica nei gironi eliminatori.
In campo contro il liceo Touschek, in divisa rossoblu, il capitano Cristina Lianas, III D, nel ruolo di primo martello; i due centrali Ilaria Angradi, IIA, ed Alice Silvestrini, IV C; Marta Morabito, III A, alzatrice; Cecilia Orsini, IIIA, secondo martello e il libero Lavinia Giorgi, III D.In rosa anche Viola Cupellini, III A, martello, Francesca Orabona, II D e Giorgia Durastante, II D.
Leggermente modificata, invece, la formazione che il professor Giovannotti ha schierato in campo contro il Liceo Ugo Foscolo ed Il Liceo Sandro Pertini, con Giulia Alecci come martello e Vittoria Palazzo, III D, opposto.

Cecilia Bufano

Racconto senza nome

Siamo abituati a sentir parlare dei grandi scrittori,o meglio Scrittori, della storia: Manzoni, Proust, Verga, Kafka, Alighieri, Austen, Pirandello…Ma per cominciare a sentir parlare di noi, dobbiamo parlare di gente come noi.
C’era una volta un uomo che scriveva inizi, sì avete capito bene, inizi. Era, di professione, uno scrittore fallito. Da giovane aveva sognato di scrivere libri, storie, racconti, dar voce alle parole che sentiva nel cuore, ma aveva da sempre dovuto convivere con un grosso problema. Prendeva la penna, la carta, le idee, sedeva sul tappeto in salotto, col gatto grassoccio sdraiato di fianco e iniziava a creare. La mano partiva a scorrere immediatamente, incantata dal flusso dei suoi pensieri, l’inchiostro ballava sul bianco del foglio come una coppia di sposi, le lettere si abbracciavano vibranti della passione che lui le donava, ricami di parole bellissime e intense come tramonti colavano veloci sulla pagina. Cinque, poi dieci, poi venti righe, poi…basta. D’improvviso la magia si bloccava, come una melodia di Beethoven interrotta sul più bello. La penna s’immobilizzava, il bianco del foglio si mangiava le lettere nere ed egli non era più in grado di continuare.
Perché accadesse così al nostro amico scrittore (fallito, ricordo) resta un mistero. Scriveva venti righe delle più belle, più intense e armoniose mai viste e poi si bloccava. Pensava e pensava fino ad aver mal di testa ma niente, non una frase, non un’idea.
Aveva cercato più e più volte di superare questo suo blocco: lezioni di scrittura, seminari tenuti dai più eminenti professori del suo paese, visite mediche, persino sedute di ipnosi … niente aveva avuto successo. La penna dalle venti righe non si smuoveva. Un giorno aveva avuto un’idea che gli era subito parsa brillante, aveva pensato: “Se oltre le venti righe la penna non va, occorre che io scriva la storia su fogli diversi, venti righe su uno, poi venti su un altro e così via a creare un racconto a pezzetti!”. Ma di nuovo niente da fare: di ogni storia riusciva ad inventare venti righe soltanto. Povero amico scrittore di inizi!

Pagelle del primo quadrimestre: timori e speranze

Il tempo passa e il giorno degli scrutini (e delle pagelle) si avvicina sempre di più. Infatti il trentuno gennaio si è concluso il primo quadrimestre e i professori hanno fatto gli scrutini e poi, nella prima metà del mese di febbraio, ci verranno consegnate le schede di valutazione con i nostri risultati di questi primi quattro mesi. Per moltistudenti le schede di valutazione significano timore, timore per paura di non aver preso la sufficienza o per paura di prendere un voto più basso del desiderato. Per altri studenti invece significano speranza; speranza di prendere la sufficienza o di essere migliorati in qualche materia rispetto all’inizio dell’anno.

Io non sono sbagliato, prima puntata

Ok. Va tutto bene. Un sorriso, forse finto. Un respiro, per contenere rabbia repressa. Contro chi? Non lo sapevo. Un passo, lento, infinito. Una corsa immobile. Avrei voluto correre, correre via da tutto ciò, correre via da loro, da me stesso. Un altro sospiro. Un altro sorriso. Lui mi diede una pacca sulla spalla. Sorrideva. Lui scherzava. Lei mi abbracciò. Un cellulare trasmetteva all’infinito la stessa assordante canzone, note sconnesse tra loro che non esprimevano né gioia, né tristezza, solo battiti, così, senza senso. Così, senza senso come i battiti del mio cuore.
Un altro sorriso. Voglia di urlare. Ma perché? L’abbraccio si era sciolto. Che diceva lui? “…Giulia…” Boh. Rabbia. Alzai lo sguardo: un cielo azzurro, privo di ombre, così limpido e terso era in netto contrasto con i miei pensieri così confusi, affollati e opprimenti, così sfuggenti. Avrei voluto poterli afferrare per fare chiarezza, ma avevo paura, paura di me stesso. Quel cielo era sprecato per la giornata. Voglia di piangere. Non importa. “Cammina, cammina ma non correre, non scappare,” mi dicevo, “…autocontrollo”. Che schifo l’autocontrollo, la razionalità, la calma, la pazienza, tutte difese inutili che ti proteggono dall’esterno lacerandoti dall’interno. La suoneria di un telefono mi riportò sulla terra.
-Che hai?
-Che ho?
-Boh sei strano.
-Sono stanco.- Sorriso. Sospiro. Passi. Sospiri, musica, sorrisi, abbracci, rabbia, tristezza, amore, odio, voglia di piangere, voglia di correre, voglia di evadere, voglia di volare. Voglia che tutto quel che c’era non fosse mai esistito. Voglia che tutte quelle bugie scomparissero al vento. O forse verità? Voglia di picchiarlo, di riempirlo di pugni, di spaccargli il naso e di vederlo soffrire come stavo soffrendo io a causa sua… o a causa mia? Voglia di abbracciarlo. Voglia di tornare indietro nel tempo, a quei pomeriggi di cazzeggio davanti la tv, a quelle partite infangate nel campetto dietro scuola, a quell’ intesa, ai tempi di quell’ amicizia che lui, inconsapevolmente, stava portando via. Dicevano che forse domani avrebbe piovuto. Domani? Domani ci sarebbero stati solamente i soliti sorrisi, la solita rabbia, i soliti sospiri. Il solito autocontrollo. Giulia. Ma vaffanculo. Lui e Giulia. Due coglioni.

Oceano Mare, di Alessandro Baricco

Concedetevi un’occhiata alla copertina, bellissima; lasciate perdere le poche righe scritte sul retro che vorrebbero riassumere la storia ma che falliscono miseramente. Aprite solo il libro e lasciatevi trasportare dalle parole.
Una ragazza afflitta dalla malattia della paura, ma che vuole vivere, vivere. Un pittore che cerca di dipingere il mare e che riesce a trarne solo tele bianche. Una donna che deve guarire dalle passioni e dai desideri che l’hanno portata all’adulterio. Un professore alla ricerca dei limiti del mondo. Dei bambini dalle eccezionali capacità, brillanti ed accattivanti, saggi persino. Un uomo perduto, forse, ma determinato. Più di un uomo perduto, anzi. Ed una locanda, una locanda proprio davanti al mare. All’Oceano Mare. Quel mare che ammalia e distrugge, che è possente e affascinante padrone, un mare la cui forza è irresistibile, un mare che è malattia e cura.
La storia di queste vite che si incontrano e poi si allontanano, per incontrarsi di nuovo, percorsi che si intrecciano, amori che nascono e muoiono all’istante, rapporti basati su una particolare e scrupolosa complementarietà, curiosa, anche. Il modo in cui ogni singolo personaggio trova la fine adatta a lui, un finale a tratti inaspettato, a tratti no, come tanti fili di un unico ricamo confuso che vengono riordinati e riappuntati, ognuno nel posto a loro predestinato, fino a formare un disegno perfetto.