mercoledì 16 aprile 2014

Premio Mocci Cosenza 2014 - Come la classicità unisce l'Italia


Come la classicità unisce l’Italia attraverso Milano, Roma e Napoli

Quando la mia professoressa di latino e greco mi aveva presentato il bando di gara del certamen Premio Mocci Cosenza 2014 con la possibilità di parteciparvi, sul banco vedevo solo un pacco di fogli e scartoffie, mai mi sarei immaginato di vivere una delle esperienze più divertenti e formative che cinque anni di liceo classico mi avessero mai proposto. Quando ho comprato tramite internet due biglietti del treno per andare e a Napoli e tornare a Roma, sullo schermo del computer vedevo soltanto l’indicazione di un numero di un treno, di un orario, di una stazione, di un vagone, mai avrei pensato di star guardando i biglietti per vivere tre giorni fantastici con persone meravigliose. Ma andiamo con ordine.
Era gennaio quando avevo dato la mia disponibilità a partecipare al certamen Premio Mocci Cosenza 2014 organizzato dal blasonato liceo classico napoletano Umberto I. Il tempo passava con le stagioni a passo di giava e così, dopo aver passato i miei momenti liberi da studio ed altri impegni a ripassare o studiare ex novo autori dai cui testi sarebbero stati presi i brani della prova, giovedì 10 aprile mi ritrovavo alla stazione Tiburtina a perdere il treno per Napoli Centrale, proprio così: a perderlo. La cosa non iniziava proprio nel migliore dei modi, ma, dopo un paio d’ore, ecco un nuovo treno e Napoli si avvicinava. Arrivato nella città borbonica, finivo in un binario desolato dove vecchie locomotive venivano collaudate e non proprio con i migliori astanti che potessi aspettarmi: non era decisamente quello il binario 4 a cui ero stato indirizzato per salire sul treno metropolitano per raggiungere il liceo. La mia visione del certamen peggiorava sempre di più. Ma da lì sarebbe stato un crescendo vertiginoso e costante. Ad aspettarmi fuori dalla fermata della metro c’era il mio ospite: sì perché nei prossimi tre giorni sarei stato ospitato da un ragazzo del liceo, Lorenzo. E con Lorenzo c’era il suo amico Ugo pronto a ricevere il suo ospite, il milanese Marco. Eravamo in tre a giungere da fuori la Campania: a rappresentare l’orgoglio capitolino c’ero soltanto io, Marco e Marta arrivavano da Milano e dal famoso liceo classico Manzoni. Mi aspettavo studenti intensivi di classicità, pronti a tutto pur di trionfare nella gara, con alle spalle generazioni di fini grecisti e latinisti da non deludere. Non sono mai stato così felice di essermi sbagliato: i due Milanesi erano ragazzi simpatici e alla mano e stavolta, anche se lo può sembrare, non è un ossimoro. Nel pomeriggio del giovedì i ragazzi del liceo si preoccupavano di dare mostra della storia illustre della loro scuola e lo facevano benissimo davanti ai nostri occhi e agli occhi di genitori, professori e preside. La sera, dopo una sosta nell’idilliaco parco naturale della Gaiola con il mio ospite, in quel di Napoli la pizzata con tanto di antipasti fritti e babà in chiusura era d’obbligo. Il giorno successivo mi aspettava la prova: sei ore per tradurre un brano di Polibio e uno di Cicerone, da commentare e da confrontare. Dopo il pranzo, nella spettacolare biblioteca dell’altrettanto antico e prestigioso Istituto Pimentel Fonseca, il laboratorio teatrale della scuola metteva in scena una originale difesa dell’insegnamento della classicità in un testo scritto dai professori del liceo. Quindi ancora una cena conviviale, stavolta a base di pesce. Una passeggiata sul lungomare nella mattinata di sabato e la premiazione con i miei due compagni milanesi al primo e al terzo posto. Poi, finalmente, è giunta l’opportunità per noi forestieri di ricambiare cene pagate, passaggi in sella a moto e motorini, veri taxi e navette della mia tre giorni partenopea, ospitalità in case bellissime e accoglienza calorosissima potendo offrire un pranzo in uno dei pub più caratteristici di Napoli.
Con la massima sincerità possibile, mi sento di dover rivolgere un grandissimo ringraziamento a tutto il liceo Umberto I e alla famiglia del mio ospite Lorenzo che hanno dimostrato come la gli abitanti della più grande città magnogreca abbiano ereditato al meglio il valore ellenico dell’ospitalità, e anche ai ragazzi milanesi che hanno invece palesato come il luogo comune dell’antipatia nordica sia, come tutti gli stereotipi, solo un’enorme infondatezza. Non essendomi classificato tra i primi tre, l’unico rammarico sta nel non aver portato in auge al concorso Roma, ma è un rimpianto di breve durata perché la Città eterna si era già presa la sua rivincita nel momento stesso dell’istituzione del premio: già, perché Polibio e Cicerone nelle loro diversità sono accomunati dal solo e semplice fatto di aver trovato la loro acmè proprio nell’Urbe.
                                                          
Ludovico Oddi 

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