lunedì 22 aprile 2013

Nostalgia

Dopo tanto tempo, si ritorna a scrivere in questa rubrica. Scusate la lunga assenza, dovuta a problemi personali, ma l'importante è ricominciare, no?
Dopo aver trattato argomenti quali la morte, la felicità e la libertà, oggi mi piacerebbe parlare di un'emozione che rende l'uomo debole, quasi ad inibire completamente il suo animo e la luce che porta negli occhi: la nostalgia.
Dal greco νόστος (ritorno) e άλγος (dolore): "dolore del ritorno", la nostalgia getta l'uomo in uno stato psichico di tristezza ed impotenza, quasi sempre dovuti alla lontananza da persone e/o luoghi ed eventi cari che l'individuo vorrebbe poter rivivere, idealizzandoli. Come ho detto qualche parola fa, la nostalgia è un'emozione paralizzante: quanti hanno provato sentimenti intrisi di una vena nostalgica, oramai lontani da noi, per poi ritrovarsi seduti da parte, fissi nel vuoto di un ricordo che (forse) non tornerà più? Credo che tutti abbiano sperimentato una sensazione tale da potersi fermare un secondo a riflettervi. E chiunque lo avrà fatto, si sarà sentito di nuovo chiuso in una gabbia le cui pareti sono costruite di impotenza e tristezza; in alcuni casi, infatti, la nostalgia sfocia in manifestazioni di carattere patologico.
Cos'altro serve per delineare la potenza di questo sentimento? La nostalgia è una sensazione dominante, che ti assale senza preavviso e ti getta in un mare di insicurezza, dove anche il più potente tra gli uomini annegherebbe, da solo. Qui l'onnipotenza e la supremazia nell'universo dell'uomo va a farsi fottere per colpa di qualcosa che abbiamo dentro, schiavizzati da un ricordo che non vuole abbandonarci. Esempio per eccellenza ne è la morte di uno dei nostri cari: tutti i momenti belli passati insieme ci strappano un sorriso che subito viene bagnato da una lacrima, che ci avverte.. Ci dice che quello è il passato e che davanti ai nostri occhi lucidi c'è il futuro, incerto e tortuoso. E che quei ricordi non torneranno mai più.
E l'uomo cosa può fare? C'è chi si dispera e non reagisce, c'è chi rimane in silenzio e vorrebbe solo piangere in riva al mare affinchè lì le sue lacrime non possano essere notate da nessuno tranne che dal mare stesso, sempre più grande e scuro, macchiato dalla paura del domani e dal dolore per ciò che è passato; ma c'è anche chi decide di affrontare la nostalgia e di affidare le lacrime ad un fazzoletto, pensando che il tempo non può fermarsi in quel vuoto che i ricordi del passato portano con loro, ma che esso va avanti, inesorabile. E che quella nostalgia sarà lì, a tenergli compagnia nei momenti di solitudine. Perchè è questo ciò che l'uomo può fare: rimanere imprigionato in questa gabbia di impotenza e tristezza, stretto dal dolore per il passato che non tornerà più, oppure sorridere a questo e prendere quella nota malinconica che è la nostalgia come pretesto per ricordare chi si è stati e continuare ad essere ciò che il passato vuole portare via con se tra le scure ed infami braccia del tempo che scorre.

Andrea Pietrangeli, IIC

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