Dopo tanto tempo, si ritorna a scrivere in questa rubrica. Scusate la
lunga assenza, dovuta a problemi personali, ma l'importante è
ricominciare, no?
Dopo aver trattato argomenti quali la morte, la
felicità e la libertà, oggi mi piacerebbe parlare di un'emozione che
rende l'uomo debole, quasi ad inibire completamente il suo animo e la
luce che porta negli occhi: la nostalgia.
Dal greco νόστος (ritorno) e
άλγος (dolore): "dolore del ritorno", la nostalgia getta l'uomo in uno
stato psichico di tristezza ed impotenza, quasi sempre dovuti alla
lontananza da persone e/o luoghi ed eventi cari che l'individuo vorrebbe
poter rivivere, idealizzandoli. Come ho detto qualche parola fa, la
nostalgia è un'emozione paralizzante: quanti hanno provato sentimenti
intrisi di una vena nostalgica, oramai lontani da noi, per poi
ritrovarsi seduti da parte, fissi nel vuoto di un ricordo che (forse)
non tornerà più? Credo che tutti abbiano sperimentato una sensazione
tale da potersi fermare un secondo a riflettervi. E chiunque lo avrà
fatto, si sarà sentito di nuovo chiuso in una gabbia le cui pareti sono
costruite di impotenza e tristezza; in alcuni casi, infatti, la
nostalgia sfocia in manifestazioni di carattere patologico.
Cos'altro
serve per delineare la potenza di questo sentimento? La nostalgia è una
sensazione dominante, che ti assale senza preavviso e ti getta in un
mare di insicurezza, dove anche il più potente tra gli uomini
annegherebbe, da solo. Qui l'onnipotenza e la supremazia nell'universo
dell'uomo va a farsi fottere per colpa di qualcosa che abbiamo dentro,
schiavizzati da un ricordo che non vuole abbandonarci. Esempio per
eccellenza ne è la morte di uno dei nostri cari: tutti i momenti belli
passati insieme ci strappano un sorriso che subito viene bagnato da una
lacrima, che ci avverte.. Ci dice che quello è il passato e che davanti
ai nostri occhi lucidi c'è il futuro, incerto e tortuoso. E che quei
ricordi non torneranno mai più.
E l'uomo cosa può fare? C'è chi si
dispera e non reagisce, c'è chi rimane in silenzio e vorrebbe solo
piangere in riva al mare affinchè lì le sue lacrime non possano essere
notate da nessuno tranne che dal mare stesso, sempre più grande e scuro,
macchiato dalla paura del domani e dal dolore per ciò che è passato; ma
c'è anche chi decide di affrontare la nostalgia e di affidare le
lacrime ad un fazzoletto, pensando che il tempo non può fermarsi in quel
vuoto che i ricordi del passato portano con loro, ma che esso va
avanti, inesorabile. E che quella nostalgia sarà lì, a tenergli
compagnia nei momenti di solitudine. Perchè è questo ciò che l'uomo può
fare: rimanere imprigionato in questa gabbia di impotenza e tristezza,
stretto dal dolore per il passato che non tornerà più, oppure sorridere a
questo e prendere quella nota malinconica che è la nostalgia come
pretesto per ricordare chi si è stati e continuare ad essere ciò che il
passato vuole portare via con se tra le scure ed infami braccia del
tempo che scorre.
Andrea Pietrangeli, IIC
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