martedì 7 febbraio 2012

Lettera Aperta: cos'è l'assemblea d'istituto?

Ricordiamo ancora la prima volta che partecipammo ad un’assemblea di istituto.
Eravamo - come ormai si dice nel gergo – alcuni dei tanti quartini , non lo neghiamo, forse fomentati come non mai e sicuramente emozionati oltre ogni limite al vedere per la prima volta così tanta gente, così tanti alunni, così tanti ragazzi alcuni dei quali sarebbero diventati nostri compagni o amici, tutti riuniti in una palestra che al tempo ci sembrava enorme e perfetta, e che oggi, a distanza di quattro anni, non possiamo fare a meno di vedere fatiscente e malridotta, con l’audio che rimbalza qua e là dal solito vecchio amplificatore, da una parete all’altra mentre qualcuno prende il solito vecchio microfono e grida le solite vecchie parole alle solite vecchie persone.
Eppure quattro anni fa era tutto diverso. C’era un non so che di magico, nell’aria, qualcosa che rendeva l’atmosfera degna di essere vissuta: forse erano gli sguardi carichi di timore reverenziale che noi più piccoli indirizzavamo ai più grandi,oppure le risatine imbarazzate e le occhiate furtive delle ragazze sempre dirette a questi mitici terzi, queste figure leggendarie che svettavano per i capelli rasta e per i modi di fare che oggi come ieri diremmo shalli, e forse per qualcuno dannatamente attraenti; o magari erano le parole, i discorsi che riuscivamo ad infiammarmi con un nonnulla e a trascinare la mia voce nei boati di approvazione.
Poi c’erano le persone: ah, le persone! Ricordiamo anche questo, che dalla nostra posizione eravamo sempre costretti ad alzare e spingere lo sguardo sopra la marea di teste per cercare di vedere qualcosa, per non parlare del fatto che riuscire a sentire una frase dal senso compiuto in mezzo al brusio della folla era niente di meno che un’esperienza eroica.
L’assemblea. Questo era per noi, un evento straordinario, il momento dove era possibile vedere davvero l’anima della scuola fatta da tutti i suoi quattrocento, cinquecento, seicento ragazzi.
Non pretendiamo, ovviamente, che quello che stiamo scrivendo in questo momento – e che voi state leggendo – debba essere preso come oro colato, come una verità incontrovertibile. Sarebbe stupido,nonché ipocrita, fingere di non avere mai avuto la tentazione di rimanere a casa a dormire, o di andare a farsi un giro a Via Sannio con gli amici. Ed era una tentazione forte, altroché! Eppure, in qualche modo, sentivamo che mancare all’assemblea era qualcosa di fuori dall’ordinario.


Di certo non ci metteremo qui, ora, a parlare di tutte le lotte e di tutti i sacrifici che tanti ragazzi come noi, prima di noi, hanno dovuto sostenere per ottenere il diritto di riunirsi liberamente, una volta al mese, e di parlare e far parlare di se stessi. Di certo non ci protenderemo neanche in uno slancio atto a far comprendere la portata di quegli eventi , o i motivi per cui non venire all’assemblea possa essere interpretato in qualche modo come una sorta di pugnalata alle spalle ai moti del ’68.
Quello che vogliamo far comprendere oggi, adesso, è che l’assemblea è molto più di quello che alcuni vedono come un giorno in cui non fare nulla. E’ molto di più di una semplice riunione di studenti: l’assemblea d’istituto è il nostro mezzo di espressione più forte e più efficace, è l’organo tramite il quale ogni singolo studente può concretamente dare il proprio contributo alla sua scuola. Ogni singolo studente deve essere il protagonista dell’assemblea, deve dire ad Andrea o a Filippo o a Umberto cosa riferire al consiglio di istituto riguardo la situazione di noi studenti. Noi non siamo nient’altro che rappresentanti nel senso più puro della parola, dobbiamo cioè riportare la vostra voce, la voce degli studenti, la voce di coloro senza i quali la scuola non avrebbe motivo di esistere, nei luoghi in cui la politica che ci riguarda viene gestita. Siamo solo in tre, ma è come se fossimo in 470! L’assemblea è il momento più utile e prezioso che abbiamo, in cui possiamo capire qual è la voce da portare nel consiglio di istituto e nella giunta provinciale. Venire all’assemblea di istituto è l’unico modo in cui i vostri problemi e le vostre necessità possono essere ascoltate di qualsiasi natura e importanza esse siano, la voce di nessuno sarà mai lasciata clamans in deserto, l’assemblea è il mezzo più diretto che tutti gli studenti hanno per guardarsi in faccia, confrontarsi e trovare soluzioni in comune: fate che essa ritorni ad essere il nostro mezzo più efficace con la vostra partecipazione!
Chi non si è mai detto, anche una sola volta, frasi di questo tipo: prima me ne vado di qui, meglio è! oppure ma cosa vuoi che me ne importi di questo posto, visto che tanto dovrò solo passarci per 5 anni ?
Pensieri umani, per carità: se qualcuno dovesse venirci a dire che non gli sia mai capitato, semplicemente non gli crederemmo. Del resto, non si può certo pretendere qualcosa del genere né si può biasimare il contrario.
Eppure continuiamo a pensare – siamo ottimisti – che si sia sempre trattato di pensieri momentanei, magari dettati dalla difficoltà di una particolare situazione o da una lunga serie di votacci schiaffati in pagella.
Lamentarsi è giusto. Lamentarsi e fare qualcosa per migliorare è sacrosanto. Speriamo che l’esempio dei voti non risulti fuorviante, perché con questo intendiamo riferirci ad una realtà molto più ampia.

Quale, direte voi? Questa.

I termosifoni non funzionano. La finestra è rotta. La serranda è bloccata e non si apre. La maniglia della porta è rotta. Al bagno del primo piano manca la carta igienica. Al bagno del secondo piano manca la carta igienica.
Quante volte abbiamo sentito queste frasi, quante volte noi stessi le abbiamo pronunciate?
Ecco, è esattamente a questo che serve l’assemblea. C’è un problema? Lo si espone, e si cerca di risolverlo. Esiste una situazione di disagio? Ne si parla, e la si affronta insieme agli altri.
Starsene zitti nel proprio angolino tagliati fuori dal mondo difficilmente contribuisce e nemmeno buttare la colpa sui rappresentanti incapaci. Anzi, non contribuisce affatto: è addirittura un ostacolo alla risoluzione dei problemi. Se tu non parli, non ci dici cos’è che non va, non puoi pretendere che un qualcuno di indefinito intervenga come un deus ex machina euripideo e sistemi tutto in quattro e quattr’otto.
Ma tanto all’assemblea parlano sempre gli stessi e parlano delle stesse cose.
Altro luogo comune da smontare. E’semplicemente falso, e sentirsi dire frasi dal genere da chi magari le assemblee non le ha mai frequentate, e per cui non sa neanche di cosa stia parlando, non può che far nascere un sorriso amaro sulle labbra dell’ascoltatore paziente. Se vuoi dire la tua sei il benvenuto o la benvenuta in qualsiasi momento: ma ti prego, non starci a riferire frasi solo per sentito dire o per pigrizia morale. Almeno, abbi la decenza di informarti.
Ci rendiamo conto del fatto che probabilmente i nostri toni siano in qualche modo divenuti più aggressivi.
Ne siamo consapevoli. Il nostro scopo, ora come ora, potrebbe essere visto in maniera non troppo diversa da quello di un qualsiasi manager pubblicitario, come se dovessimo presentare questa fantomatica assemblea d’istituto al pari di una nuova linea di prodotti di consumo.
Saremo sinceri: ci importa poco, perché alla fine, caro studente e lettore, sarai tu a pagare il prezzo della tua accidia. Chi già lavora, si impegna e suda e mette a disposizione il proprio tempo in un puro slancio volontario già comprende quanto i suoi sforzi siano significativi; piuttosto, è chi non lo capisce – o peggio non lo vuole capire – che ha bisogno di questa piccola spinta che lo proietti all’interno di un mondo molto più ampio. Se siamo qui, adesso, a scrivere, è perché questa non è la tua scuola o la scuola di un singolo in generale: questa è la nostra scuola, che abbiamo imparato ad amare e a odiare con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, con tutti gli studenti le cui facce sono ormai diventate per me volti amichevoli, con tutti gli insegnanti con cui spesso si ride e di nascosto dai quali molto più spesso si piange. Vogliamo che si superino e si sconfiggano le stolte limitazioni mentali di chi si limita a non guardare oltre e diventi qualcosa di più di un luogo di passaggio. Vogliamo che diventi un’esperienza di vita, la più bella e la più importante di questi nostri quattordici, quindici, sedici, diciassette e diciotto anni. Non crediamo di chiedere molto: un minimo di partecipazione, un minimo di voglia di sentirsi davvero attivi; del resto, se noi che siamo l’anima della scuola siamo già morti, che speranza c’è di lasciare a chi verrà dopo qualcosa di vivo?

Filippo Benedetti, III A
Umberto Preite Martinez, III A
Andrea Cristiano, II E

1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti a voi per le belle idee espresse in questa lettera aperta/riflessione! (: