martedì 7 febbraio 2012

L'ignoranza è forza

Bamboccioni, sifgati, perdigiorno…l’altra faccia dell’Italia.
"L’ignoranza è forza"
In un mondo ormai sempre più cosmopolita ecco che fine fa la cultura.

Nel suo celeberrimo “1984” George Orwell scriveva a manifesto del fantomatico Partito Socialista Inglese “La guerra è pace, la libertà è schiavitù e l’ignoranza è forza”. Tanti anni dopo, e soprattutto in una realtà che non è finizione letteraria ,questa lapidaria sentenza torna a farsi sentire, forte e amara come solo una predizione sa essere. 8 miliardi di euro sono quelli che la scuola pubblica italiana ha visto volatilizzarsi sotto i suoi occhi, sono i tagli che hanno dato origine a infinite proteste, purtroppo vane. A nulla sono serviti insegnanti, studenti e personale in piazza per dire No,per difendere il proprio futuro; per riconferire la dignità di un tempo a una parola, cultura, troppo spesso generalizzata e sminuita. A nulla serve ora girare per le scuole italiane costrette in edifici fatiscenti, con ore di buco scoperte e materiali quasi totalmente assenti. A nulla serve ora osservare inermi lo spettacolo del proprio paese e del suo futuro che giorno dopo giorno perdono le speranze. Sorge spontaneo a questo punto l’amaro ma obbligatorio paragone con gli altri paesi dell’Europa per scoprire che l’Italia investe solo lo 0.67% del PIL nell’educazione superiore, ben lungi dallo 0,92% della media Ue;per non parlare del 1,14% investito da Dublino. Ovviamente i dati lasciano sgomenti, sembra infatti che il nostro paese abbia scelto definitivamente di abbandonare la formazione scolastica del suo futuro; infatti questi fondi sempre più esigui inducono la nostra scuola pubblica a dover rispondere in maniera drastica alla mancanza economica. Ma chi, in fin dei conti, ne fa veramente le spese?
Siamo noi, il popolo della scuola. Noi studenti, i nostri professori e tutti coloro che lavorano perché l’istruzione non torni a essere a esclusivo appannaggio di una specifica élite. E’ facile, troppo facile, pontificare su noi studenti, additandoci come “perdigiorno” solo perché continuiamo, forse anche ingenuamente, a manifestare e a sperare di poter cambiare le cose; ma non è altrettanto facile sopravvivere nella giungla della scuola italiana. E ‘ troppo facile designare i professori come maligni demagoghi, ed è altrettanto facile chiudere il sistema scolastico entro confini troppo stretti fatti di tagli, di luoghi comuni e di ignoranza; confini che chiudono fuori il futuro e lasciano entrare le raccomandazioni, confini che ledono ogni valore assunto dalla cultura. Inevitabilmente quindi cresce inarrestabile l’ “urlo nero” di quegli studenti che, per dirla con le parole di Machiavelli, hanno “cacato le culatelle per imparare dua hac” e che ora vedono venir meno e perdere di valore tutta la loro fatica; superati, surclassati e derisi da gente che parla e non vuole ascoltare, da gente che azzittisce e non lascia parlare. Perché continuare ostinatamente a non voler guardare la realtà circostante? Perché tapparsi gli occhi di fronte al degrado della scuola pubblica? Perché dimenticarsi di ciò che è stato e di ciò che ha fatto dell’Italia non una semplice espressione geografica, ma l’acme e l’apogeo di secoli di cultura, di rivoluzioni scientifiche e artistiche, la culla di una cultura che non ha eguali nel mondo. E se qualcuno ancora tergiversasse nell’indifferenza verso tutto questo, ignaro del domani che lo attende, chi più se non Dante può risvegliare gli animi dormienti di un popolo che deve reagire e deve dire basta? “Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza”.

Silvia Stacchiotti, II

Nessun commento: